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La stipsi è un disturbo che si presenta frequentemente durante l’infanzia perché è associata a diverse condizioni che si verificano nelle varie tappe della crescita. Nei bambini, in genere fino all’età della scuola, è dovuta perlopiù a una difficoltà nell’eliminazione delle feci accumulate nel retto (stipsi evacuativa). Nei bambini più grandi è invece più probabile che la stipsi sia dovuta a un rallentamento del transito del contenuto intestinale (stipsi da rallentato transito). La distinzione tra i due tipi di stipsi è molto importante perché i due disturbi interessano tratti e funzioni dell’intestino differenti e quindi richiedono trattamenti diversi. E’ necessario inquadrare correttamente la stipsi e curarla in modo specifico perché l‘equilibrio dell’ intestino è fondamentale per la salute di tutto l’organismo. L’intestino infatti è un organo di straordinaria importanza: un tempo era visto come un semplice “tubo” per al digestione dei cibi e l’eliminazione degli scarti, ma oggi è considerato un vero e proprio
” secondo cervello“. Oggi si sa infatti che l’intestino collabora con il “primo cervello” nel coordinamento di funzioni anche molto complesse, come ad esempio l’elaborazione delle emozioni. In questo, ha un ruolo determinante anche la microflora intestinale, dal cui equilibrio dipende la salute di tutto l’organismo. E’ evidente che in presenza di stipsi, occorre intervenire in modo specifico sulle funzioni che risultano alterate ed evitare di compromettere la funzionalità di altri tratti dell’intestino non coinvolti dal disturbo. E’ chiaro che un problema di tipo evacuativo dovrà essere affrontato a livello rettale: coinvolgere nel trattamento anche la parte più alta dell’intestino, che funziona regolarmente, sarebbe inutile e potrebbe anche essere controproducente perché si rischierebbe di alterare il delicato equilibrio dell’intestino, incluso quello della microflora.
Meglio quindi un micro-clisma con sostanze naturali che siano in grado di stimolare l’evacuazione in modo fisiologico, senza irritare, proteggendo la zona retto-anale e lubrificandola così da facilitare lo scivolamento delle feci.
in presenza di stipsi è fondamentale inquadrare correttamente il problema con l’aiuto del pediatra che, attraverso una serie di domande sulla frequenza delle scariche, sulla consistenza delle feci e sui comportamenti del bambino è in grado di definire il tipo di stipsi e di intraprendere conseguentemente gli approcci terapeutici opportuni.
QUANDO UN BAMBINO PUO’ ESSERE CONSIDERATO “STITICO”?Quando le feci sono secche e dure e vengono emesse in maniera infrequente (meno di 3 volte alla settimana) e con difficoltà e dolore. |
Fenomeni di stitichezza, anche transitoria, possono verificarsi sin dai primi mesi di vita. Talvolta il bambino può avere difficoltà a defecare perché non è ancora capace di rilassare lo sfintere dell’ano.
Il bambino si agita e piange anche per 20-30 minuti e più volte al giorno, e ovviamente questo può creare ansia nei genitori. In genere il problema si risolve spontaneamente entro qualche mese. Il pediatra può essere di aiuto sia per spiegare il fenomeno sia per suggerire un intervento che faciliti lo svuotamento del retto.
Un’altra possibile causa di stitichezza nel lattante è il passaggio dal latte materno al latte formulato. Il latte artificiale modifica la composizione della flora intestinale e questo può causare un aumento della consistenza delle feci con sforzo o dolore al momento della defecazione.
Anche lo svezzamento con l’inserimento dei primi pasti solidi può causare modificazioni della frequenza delle evacuazioni e della consistenza delle feci. A questo può contribuire anche una dieta in cui prevalgano alimenti “astringenti” (crema di riso, patate, carote, ecc.) e/o che non preveda un’adeguata assunzione di acqua. In questi casi è bene verificare con il pediatra se non sia necessario intervenire saltuariamente per facilitare la defecazione. Rimandare per troppo giorni l’evacuazione può causare dolore, feci più secche e dure e quindi più difficili da espellere.
Il periodo dei 2-4 anni è molto delicato. Diversi fattori, di carattere principalmente psicologico, possono portare il bambino a trattenere volontariamente le feci.
Il bambino può trattenere le feci perché le considera parti del proprio corpo e non vuole eliminarle o per un disagio psicologico dovuto a un’educazione all’utilizzo del vasino anticipata e/o forzata (può essere utile a tal proposito leggere il box sotto). Se il bambino trattiene le feci per diversi giorni, occorre aiutarlo a liberare l’intestino. Rimanendo più a lungo nel retto, le feci si seccano e diventano più dure rendendo l’espulsione difficile e dolorosa. Il bambino memorizza il dolore che ha provato durante la defecazione e trattiene ancora di più, e in questo modo si crea un circolo vizioso. E’ importante innanzitutto comprendere le cause alla base del comportamento del bambino e farsi aiutare dal pediatra a definire l’intervento più appropriato.
Ragadi anali ed emorroidi possono essere un’altra causa di ritenzione delle feci. Per non sentire dolore durante la defecazione, il bambino trattiene le feci peggiorando nettamente la stitichezza.
Dopo i 3-4 anni la stipsi è spesso dovuta a scorrette abitudini alimentari o alla maggiore sedentarietà. Può succedere anche che il bambino trattenga il bisogno di defecare perché impegnato nel gioco o nello studio.
Altri momenti critici possono essere i viaggi, le malattie protratte, per la febbre che disidrata leggermente il bambino e/o per l’immobilità.
In tutte queste situazioni descritte e sempre quando c’è la stipsi, anche nella seconda infanzia e in adolescenza è necessario intervenire modificando gli stili alimentari e di vita. E’ sempre utile aumentare la quota di acqua e fibre con un’assunzione regolare di frutta e verdure, scoraggiare la sedentarietà favorendo il gioco libero all’aperto. E’ bene stabilire un orario regolare per defecare (meglio al mattino o dopo i pasti). Tutto ciò può contribuire a rendere regolari i ritmi di evacuazione. Se nonostante tutto si accumulassero nel retto feci dure e dolorose da eliminare, può essere utile intervenire con uno stimolo delicato e saltuario a livello rettale.
SUGGERIMENTI PER UNA CORRETTA EDUCAZIONE ALL’USO DEL VASINO Il passaggio dal pannolino al vasino è un momento molto delicato per il bambino e per i genitori. Non esiste un’età precisa per questo cambiamento: il bambino deve essere fisicamente e psicologicamente maturo per imparare a controllare gli sfinteri. E’ importante anche che i genitori abbiano il tempo necessario per seguire con calma l’indipendenza dal pannolino. Occorre infatti ascoltare il bambino e osservarlo mentre prende coscienza delle sensazioni del suo copro e del cambiamento che sta vivendo. Il bambino quindi deve essere ascoltato, incoraggiato ma mai forzato. E’ possibile adottare degli accorgimenti che facilitino l’acquisizione dell’abitudine all’uso del vasino.
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Articolo tratto da “Aboca – innovazione per la salute” – www.aboca.it
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